da Movisol
I brutali attacchi e i veri e propri insulti che i leader eurofanatici del Parlamento Europeo hanno riservato al Primo Ministro italiano Giuseppe Conte il 12 febbraio a Strasburgo erano “il proprio canto del cigno”, come lo stesso Conte ha commentato in un’intervista ai quotidiani italiani il 14 febbraio.
Conte ha compiuto di Strasburgo la tradizionale visita di fine legislatura dei capi di governo dei Paesi membri dell’UE e ha presentato le sue idee su come riformare l’Europa al fine di recuperare la visione che si è persa negli ultimi trent’anni. Egli ha auspicato l’abbandono di una politica di austerità che si è rivelata fallimentare, come ha riconosciuto lo stesso Juncker nel caso della Grecia, e ha ricordato che la stabilità finanziaria è importante, ma altrettanto lo è quella sociale. Ha poi affrontato il tema della migrazione, invitando i partner a riconoscere che il problema si risolve solo sviluppando l’Africa. In politica estera, Conte ha sconsigliato una linea antagonistica con Russia, Cina e persino Stati Uniti, ricordando che con questi ultimi sono più le cose che ci uniscono che quelle che ci possono dividere temporaneamente, e che Cina e Russia fanno parte di ogni soluzione ai problemi internazionali.
A prescindere dalle valutazioni politiche, il discorso di Conte aveva un respiro da statista e le sue critiche alla politica dell’UE erano accompagnate da assicurazioni sulla fede europeista del suo governo. Ciononostante egli è stato accolto da un assalto preordinato da parte dei leader dei principali gruppi parlamentari, nell’ordine da Manfred Weber (Partito Popolare), Gerd Bollmann (Socialisti e Democratici) e Guy Verhofstadt (liberali). Tutti costoro hanno spostato il tema della discussione, dal futuro dell’Unione Europea alla situazione politica italiana, con attacchi personali e persino insulti, motivati con informazioni distorte se non addirittura false. In particolar modo Verhofstadt (foto), che ha voluto esibirsi in un italiano maccheronico, ha superato ogni decenza quando ha accusato il capo del governo italiano di essere una marionetta. “Fino a quando, signor Conte, Lei continuerà a essere la marionetta di Salvini e di Di Maio?”, gli ha chiesto provocatoriamente.
Conte non ha perso il controllo e gli ha risposto con calma, ma con fermezza, che trovava inaccettabile per un capogruppo “insultare me personalmente e, attraverso me, l’intero popolo italiano”. Ha quindi ribattuto a Verhofstadt di non sentirsi una marionetta, e casomai marionette sono coloro che servono gli interessi di gruppi d’affari e di lobby.
Due giorni dopo, ha paragonato gli attacchi al “canto del cigno” di una classe politica che, a causa del suo fallimento, sarà costretta dagli elettori ad abbandonare la scena politica.
L’aspetto grottesco della faccenda è che coloro che, come Verhofstadt, accusano il governo italiano di essere ostaggio dell’estrema destra (Lega) o dell’estrema sinistra (M5S), sono corresponsabili della creazione del governo più fascista d’Europa e cioè quello di Kiev. Proprio Verhofstadt svolse un ruolo prominente nel rovesciamento del governo democraticamente eletto dell’Ucraina e tenne un comizio sulla famosa piazza alla vigilia del golpe dei neonazisti banderisti nel 2014.
Meno noto è il fatto che Verhofstadt aveva corteggiato due anni fa il M5S affinché aderisse al gruppo parlamentare liberale e sostenesse la sua candidatura a presidente del Parlamento Europeo. Il M5S aveva accettato, ma l’accordo fallì perché Verhofstadt fu sconfessato dal proprio gruppo.
Se poi qualcuno si meraviglia perché la Brexit non faccia progressi, è anche perché lo stesso Verhofstadt conduce i negoziati per conto del Parlamento di Strasburgo.
Il “canto del cigno” degli eurocrati a Strasburgo
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