google_ad_client: "ca-pub-2245490397873430", Sine.ClaV.is: “L’Italia è terra di conquista economica”. Lo dice l’intelligence, ma la politica tace

lunedì 26 febbraio 2018

“L’Italia è terra di conquista economica”. Lo dice l’intelligence, ma la politica tace

da IlPrimatoNazionale


Roma, 26 feb – Acquisizioni di società strategiche, spesso a elevato contenuto tecnologico e in grado di contribuire alla competitività del nostro sistema economico, condotte da soggetti concorrenti e ostili ai nostri interessi nazionali. Operazioni che si perfezionano anche grazie ad attività di spionaggio e alla complicità di strutture lobbistiche estranee agli interessi collettivi.

È quanto emerge dalla relazione annuale dell’intelligence italiana che, in un contesto di ritardo nell’allineamento del nostro Paese al miglioramento dei maggiori indicatori economici, individua delle minacce ben precise sul fronte interno.

Secondo i servizi infatti “assume rilievo la maggiore permeabilità di alcune aziende nazionali – di rilevanza strategica o ad elevato contenuto tecnologico – rispetto a manovre esterne indirizzate ad acquisirne il controllo”. Una cronaca quotidiana di acquisizioni in cui emerge il caso di Telecom Italia, ormai da anni sotto il controllo straniero e su cui il governo ha di recente esercitato i poteri speciali (cd. golden power), tramite un apposito decreto attualmente oggetto di un doppio ricorso da parte dei francesi di Vivendi. Difficile non citare il caso delle acciaierie di Piombino, “un pezzo di futuro dell’Italia” secondo l’ex premier Renzi che nel 2014 accoglieva con entusiasmo la cessione agli algerini di Cevital, cui a breve dovrebbero succedere  gli indiani del gruppo Jindal.

Sempre nella relazione dei nostri apparati di sicurezza leggiamo come “questa vulnerabilità richiede la necessaria salvaguardia delle capacità produttive nazionali, del loro know-how pregiato e dei rispettivi livelli occupazionali: tutto ciò a fronte di iniziative acquisitive straniere di cui non appaiono sempre chiari i reali attori di riferimento”. È del resto facile capire come operazioni guidate da un interesse predatorio si traducano in una marginalità dei profili produttivi, con conseguenti ricadute occupazionali non solo dirette ma anche dei relativi indotti.

In altre parole, quando le acquisizioni sono orientate all’ottenimento di capitale immateriale (relazioni, organizzazioni, competenze) possono anche ignorare l’operatività dell’azienda comprata, limitandosi a replicare il business in altri mercati, magari caratterizzati da congiunture più favorevoli: “non sono infrequenti iniziative di investimento rivolte a settori ed imprese nazionali riconducibili ad attori ostili o illegali (sovente “schermati” da complesse triangolazioni finanziarie) ovvero comunque ispirate da finalità predatorie, in quanto tese a sottrarre tecnologie pregiate e/o a eliminare/comprimere la competitività e la concorrenzialità delle nostre aziende, con ricadute sull’occupazione”.

Ed è così che si arriva a una guerra economica che il nostro Paese sembra solo subire, con i servizi che notano come “sono andate intensificandosi, in particolare, le manovre di attori esteri – sospettati di operare in raccordo con i rispettivi apparati intelligence – attivi nel perseguimento di strategie finalizzate ad occupare spazi crescenti di mercato anche attraverso pratiche scorrette, rapporti lobbistici, esautoramento o avvicendamento preordinato di manager e tecnici italiani, nonché ingerenze di carattere spionistico per l’acquisizione indebita di dati sensibili”.

Vale la pena notare come le relazioni annuali, che molte istituzioni sono per legge chiamate a presentare al Parlamento, difficilmente si distinguono per la presenza di informazioni rilevanti, mentre più spesso si limitano alla descrizione delle attività svolte e del contesto di riferimento. Il fatto che il grave quadro descritto appaia in un documento pubblico fa pensare a come la situazione sia oltremodo cristallizzata e in grado di non creare eccessive turbolenze, per giunta in periodo di campagna elettorale.

Una condizione possibile quando gli esecutivi sono da tempo emanazione di interessi particolari, imposti da oligarchie transnazionali, alla sola ricerca del consenso di istituzioni finanziarie divenute garanti di una stabilità della sconfitta. Un risultato impossibile senza una dose massiccia di incompetenza e ignavia cui nessuno è ancora riuscito a sottrarci.

Armando Haller

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