da Disinformazione
La
malattia degli olivi in Puglia: un problema di ecosistema, economia e politica
Prof. Pietro Perrino, genetista, già Direttore del CNR di Bari. (pietro.perrino4@gmail.com)
Riassunto
La Xylella non è la causa della malattia degli olivi in Puglia. La malattia si chiama Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo (CoDiRO) ed è causata da criticità ambientali, che hanno determinato la sterilità del suolo. Queste criticità durano da decenni e sono più forti proprio nelle aree focolaio del Salento, dove da anni la desertificazione è più evidente che in altre province della Puglia. C’è una stretta relazione tra inquinamento, desertificazione e CoDiRO. Purtroppo, i responsabili delle istituzioni non la vogliono vedere questa relazione e quindi non favoriscono modelli agricoli a basso impatto ambientale. Anzi, la cecità del nostro Ministero dell’Agricoltura ha prodotto un DM Martina, che addirittura obbliga gli agricoltori all’uso massiccio di pesticidi. I salentini stanno lottando contro i governi, regionale e nazionale, anche attraverso manifestazioni, per bloccare il DM. I vertici politici pugliesi sono sordi e ciechi di fronte ai risultati incoraggianti delle ricerche condotte da gruppi di olivicoltori privati e da gruppi di ricerca misti, composti da olivicoltori e ricercatori privati e ricercatori pubblici. La soluzione del problema del CoDiRO non è l’abbattimento degli alberi malati e non malati per contenere la diffusione della Xylella, ma il ripristino di buone pratiche agronomiche e agro tecniche di disinquinamento, già pronte sul mercato.
In una
società sana, la sequenza giusta delle priorità è: prima l’ecosistema, poi la
società e per ultima l’economia. I nostri politici fanno il contrario. È
evidente che così non può continuare. Non ci sarebbe futuro per il genere umano.
L’economia di cui si parla qui non si riferisce a quella dei popoli (economia
umana, biologica), ma a quella delle grandi corporazioni, che diventano sempre
più ricche, mentre gli umani diventano sempre più poveriLa Xylella non è la causa della malattia degli olivi in Puglia. La malattia si chiama Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo (CoDiRO) ed è causata da criticità ambientali, che hanno determinato la sterilità del suolo. Queste criticità durano da decenni e sono più forti proprio nelle aree focolaio del Salento, dove da anni la desertificazione è più evidente che in altre province della Puglia. C’è una stretta relazione tra inquinamento, desertificazione e CoDiRO. Purtroppo, i responsabili delle istituzioni non la vogliono vedere questa relazione e quindi non favoriscono modelli agricoli a basso impatto ambientale. Anzi, la cecità del nostro Ministero dell’Agricoltura ha prodotto un DM Martina, che addirittura obbliga gli agricoltori all’uso massiccio di pesticidi. I salentini stanno lottando contro i governi, regionale e nazionale, anche attraverso manifestazioni, per bloccare il DM. I vertici politici pugliesi sono sordi e ciechi di fronte ai risultati incoraggianti delle ricerche condotte da gruppi di olivicoltori privati e da gruppi di ricerca misti, composti da olivicoltori e ricercatori privati e ricercatori pubblici. La soluzione del problema del CoDiRO non è l’abbattimento degli alberi malati e non malati per contenere la diffusione della Xylella, ma il ripristino di buone pratiche agronomiche e agro tecniche di disinquinamento, già pronte sul mercato.
1.
La causa della malattia degli olivi in Puglia non è la Xylella
In Puglia,
i mass media hanno iniziato a divulgare la notizia della malattia degli olivi,
ponendo l’accento soprattutto su un batterio, che ostruisce i vasi xilematici,
identificato come Xylella fastidiosa sottospecie pauca, ceppo
codiro. Il nome della specie (fastidiosa) deriva dal fatto che è un
batterio di difficile identificazione, quello della sottospecie (pauca)
deriva dal latino (poca) e quello del ceppo deriva dal fatto che la
malattia era già stata denominata Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo
(CoDiRO). La malattia iniziò ad essere notata, verso la fine del primo decennio
di questo secolo (2008-2010), in alcune aree del Basso Salento (LE), per poi
(anni 2013-1014) iniziare ad essere più evidente e ad apparire, qui e la, anche
in altre aree più a nord dello stesso Salento e ancora più recentemente (anni
2016-2018) anche in altre aree più a nord (Ostuni, Cisternino e Ceglie Messapica)
della Stessa Puglia (Alto Salento).
Secondo
gli entomologi il batterio è trasportato da un albero all’altro da alcuni
insetti vettori che si nutrono di linfa che trovano nelle erbe spontanee ed
alberi, inclusi gli olivi, ma ritengono che il vettore principale sia la
cosiddetta sputacchina
(Philaenus
spumarius), un insetto molto diffuso in Puglia, ma anche altrove. Secondo
alcuni patologi micologi, tra le cause della malattia ci sarebbero anche
numerose specie di funghi patogeni tracheomicotici e fogliari e secondo alcuni
entomologi ci sarebbero anche alcuni insetti parassiti dell’olivo.
Pertanto,
soprattutto alcuni batteriologi ed entomologi, ritenendo che la causa del CoDiRO
è principalmente la Xylella, un batterio da quarantena, e che il suo
vettore o diffusore è la sputacchina, un insetto ubiquitario, hanno da subito
suggerito che l’unico modo per bloccare la malattia è di contenere lo sviluppo
dell’insetto con insetticidi, di distruggere le erbe spontanee con erbicidi o
arature e di abbattere gli alberi d’olivo attaccati dal batterio, inclusi anche
gli alberi che si trovano nel raggio di 100 metri intorno all’albero infetto. I
cosiddetti esperti, in pratica suggeriscono di distruggere l’ecosistema e la sua
biodiversità per non dare da mangiare ai parassiti. Ha un senso tutto ciò? Oltre
alla stupidità umana, si osserva una vera e propria lacuna nella comprensione
dell’importanza della biodiversità nella resilienza degli ecosistemi.
Nel
merito, ho fatto conoscere il mio pensiero, attraverso interventi scritti (1, 2,
3, 4, 5, 6, 7, 8), e interviste e presentazioni orali a diversi convegni in
diverse sedi della Puglia (9, 10, 11). In tutti i casi, ho cercato di
evidenziare che pensare di contenere la diffusione della malattia con
l’abbattimento degli alberi, infetti e non infetti, e di usare insetticidi a
tutto spiano e arare i terreni è una vera follia, poiché la causa non è la
Xylella, come non lo sono i funghi e non lo sono gli insetti, ma, al più,
si tratterrebbe di più cause, come specificato nella denominazione stessa
della malattia: Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo (CoDiRO).
Il
condizionale (si tratterebbe) è d’obbligo, perché la mia opinione era e
resta che le vere cause della malattia sono alcune criticità ambientali, cioè
fattori che sono a monte della Xylella, dei funghi e degli insetti.
Opinione suffragata anche dalle seguenti osservazioni oggettive: 1) allo stato
attuale, non è stato ancora dimostrato, in modo inequivocabile, che la
Xylella sia la causa della malattia; cito solo la Xylella perché è il
patogeno più enfatizzato dai media, dall’osservatorio fitosanitario della
Regione Puglia, dal Ministero dell’Agricoltura e dalla Commissione Europea; 2)
ci sono piante d’olivo positive, cioè contenenti il batterio, ormai da anni, ma
che non manifestano la malattia; 3) ci sono piante d’olivo negative, cioè senza
batterio, ma che presentano la malattia e sono la stragrande maggioranza.
Nei miei
contributi, ho più volte sottolineato che i patogeni, inclusa la Xylella,
sono degli opportunisti e che possono diventare virulenti (aggressivi)
soprattutto quando le piante d’olivo s’indeboliscono, diventando vulnerabili a
tutti i fattori avversi, biotici, come lo sono tutti i parassiti, animali e
vegetali (per es. la Xylella), e abiotici, come i cambiamenti climatici,
tra cui le temperature, l’umidità, ecc., e la presenza di sostanze tossiche
nell’aria e nel suolo. Le piante d’olivo, come tutte le piante, s’indeboliscono
soprattutto quando non riescono più a nutrirsi normalmente, vivendo in un
terreno sterile e/o inquinato (metalli pesanti, ecc.).
A tal
proposito, la letteratura internazionale, principalmente di studiosi americani
(4), ha ampiamente evidenziato, senza equivoci, che la molecola del glifosato,
quella contenuta nell’erbicida Roundup, usato, da almeno tre decenni, dagli
olivicoltori pugliesi e salentini in modo particolare, per eliminare le erbe
spontanee che crescono negli oliveti, allo scopo di tenere pulite le aiole sotto
gli alberi e quindi agevolare la raccolta delle olive dal suolo. Si tratta di
una sostanza che oltre ad uccidere le erbe, bloccando un enzima importante della
catena metabolica, non solo delle erbe, ma molto verosimilmente anche delle
stesse piante d’olivo, uccide anche la microflora del suolo, ossida i
microelementi, rendendoli indisponibili anche alle radici delle piante d’olivo e
per finire stimola molti patogeni presenti nell’ambiente (4, 6).
La stessa
cosa fa l’AMPA
(acido
amminometilfosfonico, metabolita primario del glifosato),
un derivato del glifosato, che recentemente è stato trovato, insieme al
glifosato, anche nell’acqua potabile di rubinetto di diverse Regioni italiane
(6). Dai report delle istituzioni regionali (4) si evince che in provincia di
Lecce (aree focolaio dell’epidemia), il consumo di erbicida (il Roundup
contenente glifosato) per ettaro è almeno quattro volte superiore a quello delle
altre province pugliesi.
Se a ciò
si aggiunge che nel Salento quasi tutta l’acqua d’irrigazione proviene da acque
di falda e si considera che il glifosato e il suo metabolita AMPA vengono quindi
ripescati per continuare ad avvelenare l’ecosistema (pianta-suolo) l’effetto
nocivo del glifosato si moltiplica e si ripete in modo perpetuo. Ciò dovrebbe
aiutare a comprendere perché l’erbicida Roundup dovrebbe essere considerato uno
dei fattori critici dell’indebolimento dei meccanismi di difesa delle piante
d’olivo nelle aree focolaio del Salento, più che altrove. La diffusione della
malattia al difuori delle aree focolaio iniziali del Salento ha odore di
fantasia degli autori, per lo più funzionari della Regione Puglia e/o della
provincia di Brindisi (Alto Salento), sostenitori, probabilmente in buona fede,
della relazione tra Xylella e malattia.
Da quando
è scoppiato il caso Xylella in Puglia, diversi olivicoltori che non hanno
mai creduto alla favola del batterio, anche in collaborazione con alcuni
batteriologi e micologi pugliesi e napoletani (privati e pubblici), hanno
tentato di salvare le piante d’olivo affette da CoDiRO, con o senza Xylella,
ripristinando le buone pratiche agricole su una superfice di oltre 60 ettari,
localizzati in 23 Comuni dell’area focolaio, e in un tempo relativamente breve
(1-2 anni) hanno osservato una ripresa vegetativa significativa delle piante
(una vera e propria guarigione). Alcuni di questi risultati sono stati già
portati all’attenzione del pubblico nel 2015 (12). A parte ciò, sono in arrivo
anche i risultati di progetti di ricerca, finanziati anche dalla Regione Puglia
a gruppi di ricerca composti da olivicoltori e ricercatori o esperti, che quasi
certamente confermeranno la possibilità di arrestare la malattia. In pratica, le
piante d’olivo malate possono essere salvate con buone pratiche agronomiche e
trattamenti che restituiscono all’ecosistema l’equilibrio perso in seguito
all’inquinamento, causato anche dall’uso trentennale d’insetticidi, fungicidi,
acaricidi ed erbicidi.
Insomma,
una follia dopo l’altra, in quanto un popolo colto e che ragiona dovrebbe capire
che viene prima la salvaguardia dell’ecosistema in cui vive, poi quella della
propria società, che comunque dipende dallo stato di salute dell’ecosistema e
alla fine quella dell’economia, che dovrebbe dipendere dallo stato dei primi
due. Una gerarchia di valori che la natura non perdona a chi non la rispetta. Un
popolo colto e preparato, e saggio, deve capire che non può consumare di più di
quanto offre il proprio territorio e deve quindi cercare di aumentare la
biocapacità del territorio in cui vive usando le sue risorse naturali e
culturali, evitando, in tutti i modi possibili, di indebitarsi
con altri paesi, sia sviluppati e sia in via
di sviluppo. Naturalmente, ciò non avviene da almeno oltre mezzo secolo, perché
i nostri politici, a poco a poco, hanno venduto la nostra sovranità popolare
alle grosse corporazioni, soprattutto straniere, tanto che l’Italia non è più
uno Stato (13).
E’ per
questo che i nostri governi, servi di un sistema dominato dalle banche,
continuano a sostenere politiche favorevoli a modelli agricoli industriali, ad
agricoltura intensiva o ad alto impatto ambientale e ad ostacolare lo sviluppo
di modelli agricoli economicamente non competitivi. Purtroppo non ci si rende
conto che la Puglia è fondamentalmente una Regione arida, con scarse risorse
idriche superficiali e sotterranee e quindi con nessuna possibilità di applicare
modelli agricoli intensivi. La Puglia può solo applicare modelli agricoli a
bassissimo impatto ambientale e cercare di massimizzare l’utilizzo delle proprie
acque e di quelle reflue, prodotte dagli impianti di depurazione, per
l’irrigazione e per usi industriali.
Una delle
tante dimostrazioni che la Xylella può essere tenuta sotto controllo e
che le piante d’olivo affette possono riprendere a vegetare senza problemi l’ha
fornita un progetto di ricerca triennale svolto da un nutrito gruppo di
ricercatori e finanziato anche dalla Regione Puglia (14). Pertanto, le
istituzioni responsabili invece di finanziare l’abbattimento delle piante
d’olivo dovrebbero favorire lo sviluppo di modelli agricoli a basso impatto
ambientale. Ciò servirebbe anche ad evitare l’uso di pesticidi, responsabili,
ormai, di parecchi danni all’ecosistema e alla salute dell’uomo.
2.
Decreto Martina e pesticidi: un’altra spruzzata di follia
Il Decreto
Ministeriale Martina (con 27 articoli e 4 allegati), avente per oggetto “Misure
di emergenza per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di Xylella
fastidiosa nel territorio della Repubblica Italiana” (GU del 6 aprile 2018)
è stato scritto ignorando le buone pratiche agronomiche e/o comunque rispettose
dell’ambiente (ecosistema) ed entrando in contraddizione con lo stesso Ministero
delle Politiche Agricole e Forestali e con il Parlamento Europeo.
I
pesticidi indicati nel DM, tranne qualcuno (di tipo biologico), non sempre sono
efficaci, mentre sono sicuramente dannosi per l’ambiente e la salute dell’uomo.
Il DM impone l’abbattimento (espianto) delle piante d’olivo, infette e non
infette, come soluzione al problema, mentre l’European Food Safety Authority (EFSA),
già nel 2015 sottolineava che l’eradicazione della Xylella fastidiosa
(una volta insediata) era impossibile a causa dell’ampia gamma di piante ospiti
e dei suoi vettori.
I bugiardini o schede tecniche dei fitofarmaci contenenti i principi attivi
indicati nel DM riportano, tra l’altro, che sono molto tossici per gli organismi
dell’ecosistema, anche acquatico, e con effetti a lungo termine. Le previste
fasce di rispetto non trattate al fine di proteggere gli organismi acquatici e
gli artropodi diventerebbero aree potenziali per lo sviluppo del vettore
sputacchina.
I
fitofarmaci elencati nel DM sono velenosi per le api e altri insetti utili anche
all’impollinazione e, quindi, non v’è dubbio che mettono a rischio le produzioni
agricole. In molti casi c’è il divieto esplicito di utilizzare il prodotto in
presenza di api o comunque durante la fioritura e in pieno campo. Proprio in
questi giorni, nel Veneto, numerosi agricoltori risultano indagati dalla Procura
per aver provocato un disastro ambientale, come conseguenza dell’utilizzo di
neonicotinoidi e altri prodotti
che interrompono l’impollinazione
e che causano la scomparsa di specie d’insetti utili all’agricoltura. È
stata contestata la violazione dell’art. 452 bis del CP (RD 19 ottobre 1930, n.
1398), cioè indagati per aver “cagionato abusivamente una
compromissione o un
deterioramento significativi e misurabili di un ecosistema e della
biodiversità della fauna in
generale”. L’inchiesta dimostra la relazione tra l’uso di neonicotinoidi e
la diminuzione del numero di api negli
alveari che si trovano
nella zona trattata (15).
L’UE ha
vietato l’uso in pieno campo di alcuni insetticidi neonicotinoidi indicati nel
DM. In particolare il divieto riguarda il clothianidin, l’imidacloprid e il
thiamethoxam. Recentemente, per questi insetticidi, mortali per le api e i bombi
e neurotossici per i bambini, 15 Paesi europei, tra cui l’Italia, hanno votato a
favore del bando permanente dall’UE. Pertanto, da un lato l’Italia, in
Commissione Europea, vota contro l’uso di questi insetticidi, dall’altro, in
casa sua, con il DM inserisce uno di questi insetticidi, l’imidacloprid,
nell’obbligo di trattamento contro la sputacchina in pieno campo. È o no è una
contraddizione? Che i neonicotinoidi sono potenti neurotossici soprattutto per i
bambini lo dice anche L’EFSA (2013 e 2018).
Tra l’altro, la Direttiva 2009/128/CE ha definito non sostenibile il modello di
agricoltura basato sull’utilizzo dei pesticidi e invita gli Stati membri ad
informare la popolazione sui rischi e sugli effetti acuti e cronici per la
salute umana. Un migliaio di ricerche scientifiche dimostrano i danni dei
pesticidi sulle persone (16).
L’Ordine dei Medici di Lecce si è schierato contro il DM, in quanto impone l’uso
di insetticidi nocivi, annunciando un monitoraggio delle falde acquifere e mette
in guardia le autorità sul fatto che di queste sostanze sono noti gli effetti
acuti, ma non quelli a lungo termine sulla salute umana (17).
La Lega Italiana per la Lotta ai Tumori
(LILT), ha dichiarato di essere contro il DM, alla luce di un suo documento
circostanziato (18) sulle implicazioni sanitarie connesse
all’adozione delle strategie fitosanitarie già indicate nel cosiddetto Piano
Silletti, trasmesso nel 2015 ai vertici della Regione Puglia e della Commissione
europea.
La LILT, sottolinea che oggi con il DM Martina l’allerta è ancora più
drammatica. E cita un altro studio ancora più recente svolto dall’ASL di Lecce,
l’Università del Salento e la Provincia di Lecce, i cui risultati mostrano
inquinamenti con livelli critici per sostanze pericolose: l’arsenico, il
berillio e il vanadio. Si tratta di molecole cancerogene e interferenti
endocrini (IE), responsabili di disturbi a carico della funzionalità del sistema
endocrino, con effetti avversi sulla salute dell’organismo, cellule germinali e
progenie (19).
Anche l’Associazione Internazionale dei Medici per l’Ambiente (ISDE) ha preso
posizione contro il DM Martina, poiché impone l’uso pesticidi dannosi per la
biodiversità, la sicurezza alimentare e la salute, in barba ai principi di
prevenzione, precauzione e i diritti degli agricoltori e delle popolazioni
esposte, danneggiando le imprese che usano metodi di agricoltura biologica. Il
DM obbliga, nelle aree infette, l’uso degli erbicidi, tra cui il già ricordato
Roundup, contenente glifosato. L’ISDE, nel merito è già intervenuta con un
appello internazionale (20).
Ancora più
recentemente, l’ISDE ha diramato un comunicato stampa sulla pericolosità dei
neonicotinoidi, citando l’acetamiprid, una molecola che potrebbe benissimo
essere sostituita da sostanze efficaci usate dall’agricoltura biologica, come
piretrine, olio essenziale di arancio dolce, citate nel DM, ma con meno enfasi.
L’acetamiprid è neurotossico e, nei mammiferi, ha conseguenze biologiche
negative su fegato, reni, tiroide, testicoli e sistema immunitario. Ha anche
un’alta tossicità per gli uccelli. Gli effetti biologici dei neonicotinoidi
sull’uomo devono ancora essere chiariti, ma i primi risultati mostrano
associazioni significative tra esposizione e rischio di alterazioni dello
sviluppo (21).
In Puglia, l’AIAB (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica) con il
sostegno di diversi esperti del settore, ha recentemente avviato un tavolo
tecnico ad hoc con l’intento di bloccare il DM Martina. Allo scopo, il
tavolo ha redatto una dettagliata relazione tecnica, di quattro pagine, che è
stata già inviata al Presidente della Regione e a tutti i consiglieri regionali.
Si che, ora non potranno più dire che non sapevano che i pesticidi sono solo
dannosi e che la prima cosa da fare è di non usarli, in quanto la relazione è
critica, ma anche ricca di proposte alternative (22).
Da quando in Puglia si parla di Xylella, i salentini si sono mossi contro
l’abbattimento degli alberi, proposto dagli accademici e dai burocrati della
Regione Puglia, del Ministero dell’Agricoltura e il Parlamento Europeo,
attraverso convegni e manifestazioni popolari, ignorati dai media e dai canali
televisivi di stato, ma ampiamente documentati da amatori e singoli cittadini,
ai quali recentemente si sono aggiunti alcuni sindaci. La più recente
manifestazione di mia conoscenza è quella relativa ad una conferenza stampa
svoltasi in Valle d’Itria, con la partecipazione di olivicoltori che hanno
dimostrato di essere in grado di guarire le piante malate e di patologi, fuori
dal coro, che hanno collaborato all’esecuzione di progetti, finanziati anche
dalla Regione Puglia, i cui risultati preliminari mostrano che l’abbattimento
degli alberi è una follia (23).
3.
Un punto di vista più generale: un tuffo nel passato alla scoperta della
verità
Il problema degli olivi in Puglia è un vecchio problema, che s’inquadra bene in
un progetto che parte da lontano (XIX sec.). Cioè da quando la teoria dei germi
di Louis Pasteur prevalse su quella dei suoi contemporanei, come Antoine Béchamp
e Claude Bernard, i quali sostenevano, a differenza di Pasteur, che la causa
delle malattia non sono i germi (virus e batteri) ma il terreno. Si racconta che
lo stesso Pasteur, poco prima di morire, confessò che il terreno è tutto, mentre
il microbo è nullo (24, 25, 26, 27).
Tuttavia, le case farmaceutiche adorarono la teoria dei germi perché ciò
permetteva loro di vendere le molecole (farmaci) capaci di uccidere virus e
batteri e quindi avviare quel grande business che le portò a diventare sempre
più ricche e quindi più potenti, tanto da possedere le banche e conseguentemente
i governi.
Si è così sviluppato un sistema antisociale dominante, che diventa sempre più
difficile da cambiare. In ogni caso, questo quadro serve a spiegare perché la
storia della malattia degli olivi e della Xylella in Puglia non poteva
avere una storia diversa, più vicina alla verità e cioè che la causa non è il
batterio ma il terreno, quello che più sopra ho chiamato anche criticità
ambientali.
In pratica, in un mondo dominato da falsità è difficile riuscire a far prevalere
la verità. Possiamo solo sperare di aumentare nella popolazione la
consapevolezza e la capacità di distinguere il vero dal falso. E solo quando
avremo raggiunto la soglia critica, il cambiamento sarà quasi automatico.
4.
A proposito, gli olivi malati possono essere salvati proprio dai germi
(microrganismi)
Alcuni decenni fa, circa un secolo dopo Pasteur, un chimico francese, arriva
Teruo Higa, un agronomo e microbiologo giapponese, e scopre i microrganismi
effettivi. Higa cercava alternative alle
sostanze chimiche impiegate in agricoltura, ma le sue ricerche restarono senza
esito fino al 1981. Qualche anno dopo, analizzando il comportamento, il
contenuto e l'effetto sulla vegetazione dei microrganismi usati nei suoi
esperimenti, scoprì che una particolare combinazione di colture chiamata
EM (Effective Microorganismi), aveva un effetto benefico soddisfacente in
agricoltura (28).
Negli anni che seguirono, Higa continuò le sue ricerche sull’isola di Shigacki
presso un'istituzione religiosa e trovò che la sua combinazione di culture
microbiche era risultata stabile, riproducibile ed efficace anche in settori
diversi da quelli agricoli, come per esempio per la depurazione delle acque,
bonifiche e gestione dei rifiuti e per la preparazione di mangimi speciali.
Bene,
recentemente, un ricercatore del CRA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura)
di Pescia ha ottenuto dei risultati positivi con l’applicazione della tecnologia
degli EM (29) per la gestione del verde ambientale ed ornamentale, ma a quanto
pare il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, l’ente che vigila sul
CRA, non li conosce. Se l’avesse conosciuti e presi in considerazione Il
Ministro Martina avrebbe suggerito la tecnologia ai funzionari e ricercatori
della Puglia, invece di decretare l’uso massiccio di pesticidi.
Ma non è
tutto. Quando nel primo paragrafo, del presente contributo, parlavo del successo
degli olivicoltori del Salento nel salvare le piante d’olivo affette da CoDiRO,
c’è da aggiungere che quel successo era dovuto anche all’uso di microrganismi
EM. La domanda allora è: come mai un’idea del genere è venuta agli olivicoltori
salentini e non ai microbiologi dell’Università e/o centri di ricerca della
Puglia o del Ministero dell’Agricoltura o della Commissione in Agricoltura
dell’UE? Questa storia da sola è sufficiente a giustificare la mancanza di
fiducia da parte della gente nelle istituzioni e nella cosiddetta scienza, che
dopo diversi anni, anche di contrasti con i salentini, è ancora dell’idea che
per salvare gli oliveti bisogna far fuori la Xylella o bisogna sostituire
le varietà d’olivo suscettibili al batterio con varietà resistenti.
Ma che
scienza è una scienza che, oltre tutto, mostra di non avere ancora capito
l’importanza della biodiversità negli agroecosistemi? E proprio così, in quanto
la sostituzione di varietà suscettibili con varietà resistenti comporterebbe
un’ulteriore riduzione della biodiversità, oltre a rivelarsi un’operazione con
effetti limitati nel tempo, poiché i patogeni, inclusa la Xylella, nel
tempo avrebbero sempre la meglio sugli olivi e più in generale su tutte le
colture suscettibili, se non vengono eliminate le cause vere della malattia.
L’uso
d’impianti di varietà d’olivo resistenti alla Xylella o d’oliveti
costituiti da varietà suscettibili innestati con varietà resistenti non sono da
paragonare nemmeno lontanamente a quelli della storica resistenza dei vigneti
alla fillossera (Phylloxera vastatrix o Viteus vitifoliae), come
qualcuno potrebbe pensare, perché in questo secondo caso si parla di resistenza
vera (totale) a un insetto del portainnesto (parte inferiore della pianta
innestata con varietà suscettibili), mentre nel primo caso si tratta di
tolleranza a un batterio (più polimorfico dell’insetto) della marza o nesto
(parte superiore della pianta innestata) da innestare su un portainnesto
suscettibile.
5.
Fisica Quantistica e frequenze vibrazionali negli organismi viventi
Lo sviluppo della Fisica Quantistica ci ha fatto comprendere che la salute degli
organismi viventi dipende da diversi fattori, tra cui le frequenze tipiche di
ciascun organismo vivente e quelle dei suoi organi e tessuti. Se queste
frequenze cambiano come conseguenza dell’interferenza negativa (distruttiva) di
frequenze diverse provenienti da campi elettromagnetici presenti nell’ambiente
esterno o interno, gli organismi diventano suscettibili alle malattie e a
seconda della gravità possono anche cessare di vivere.
Non è fantascienza, come molti potrebbero pensare. Nel mondo ci sono ormai
diversi centri che stanno sperimentando positivamente l’applicazione della
fisica quantistica con strumenti diversi a seconda della malattia e della sua
gravità, nell’uomo (30, 31, 32). Sulla base degli stessi principi, gli alberi
hanno un effetto positivo sulla salute dell’uomo e degli altri organismi viventi
che vivono nello stesso ecosistema, ma se l’ecosistema è inquinato gli alberi
non hanno più lo stesso effetto terapeutico, perché l’inquinamento produce
frequenze malefiche (33) e danni al DNA (34).
L’argomento è così importante che meriterebbe un adeguato approfondimento, ma
l’obiettivo qui è solo accennarlo per far comprendere anche ai nostri politici
di quanto sono lontani da una soluzione che sarebbe molto più naturale (non
nociva) e meno costosa di quella che vogliono attuare: eliminare gli alberi
d’olivo per tenere a bada la Xylella. Non è assurdo?
Nel caso del mondo vegetale, esistono già dei prodotti liquidi da diluire
opportunamente e da spruzzare sulle piante e sul terreno (anche insieme alle
acque d’irrigazione), tra l’altro per niente pericolosi per l’uomo, che hanno
l’effetto di disinquinare e di influenzare positivamente le frequenze delle
piante trattate e dell’ecosistema. I prodotti di mia conoscenza, già usati nelle
campagne della Puglia, sono il Bio Aksxter (35) e Gold Manna (36).
Visitando le campagne del Salento, ho visto personalmente diversi oliveti
affetti da CoDiRO che trattati con Bio Aksxter, nel giro di qualche anno, hanno
iniziato a rivegetare e produrre normalmente. Risultati positivi sono stati
osservati anche su vite, ciliegio e diverse piante da orto. Esistono nel merito
dei video prodotti dagli stessi operatori, che auspico siano messi a
disposizione di persone interessate. Il motivo per cui i divulgatori di queste
tecnologie evitano di contattare le istituzioni è sempre lo stesso: si rischia
di perdere tempo e di essere persino derisi.
6.
Effetti della globalizzazione sull’economia e la salute degli ecosistemi
La
globalizzazione in generale e quella dei mercati in particolare ha esasperato la
competitività tra ed entro le nazioni. Ciò ha avviato un processo che porta
sempre più all’eliminazione dei più deboli, rendendo l’ambiente sociale sempre
più selettivo (una sorta di eugenetica). In realtà un ambiente competitivo non
fa fuori i più deboli geneticamente, ma i più poveri perché non hanno
possibilità economiche e quindi di accesso alle risorse. Gli effetti negativi di
una società basata sulla competitività si ripercuotono sulla salute dei popoli e
quindi degli ecosistemi in cui essi vivono.
Sapevamo
già, ma è stato confermato dai risultati di vent’anni di ricerche sul progetto
genoma umano che l’ambiente, in senso lato, è più importante dello patrimonio
genetico. Infatti è sbagliato dire che il genoma si esprime o non si esprime. È
più corretto, invece, affermare che il genoma viene letto o non viene letto. E
chi è il lettore? L’ambiente. Nel caso specifico, le condizioni ambientali
prodotte dall’agrotecnica. Una buona agrotecnica è in grado di leggere
correttamente il genoma dell’olivo e di tutti gli organismi viventi. Un’agrotecnica
che inquina, interferisce negativamente sulla lettura del genoma, dando via
libera ai patogeni. Portando gli olivi a seccare.
Il motivo
per cui si insiste nel voler attribuire le malattie ai patogeni e non
all’ambiente è che in questo modo si continua ad alimentare tutta l’industria
dei concimi chimici di sintesi e dei cosiddetti fitofarmaci. Questo tipo di
agricoltura industriale comporta inquinamento e quindi aumento delle malattie
anche per l’uomo e gli animali. Essa va benissimo per alimentare l’industria del
Big Pharma, che dopo la Finanza e il Petrolio è il terzo business mondiale (3).
Il Big
Pharma è agevolato anche da un sistema (industriale) alimentare sbagliato,
sostenuto anche da politiche finanziate dallo stesso Big Pharma. Politiche che
fanno di tutto per promuovere un sistema sociale malato, basato su un’economia
competitiva e non collaborativa, come vorrebbe la biologia dell’essere umano. La
legge della biologia richiede la cooperazione, mentre quella dell’economia delle
corporazioni richiede la competizione. Per cui, la legge dell’economia è
intrinsecamente distruttiva, cioè patologica (37).
Per
migliorare la società è necessario incoraggiare la cooperazione e scoraggiare la
competizione. Un contributo lo può dare la conoscenza e quindi i ricercatori
liberi e indipendenti, non condizionati dall’establishment.
Fritjof
Capra, nel suo libro “Il punto di svolta – Scienza, società e cultura emergente”
ha giustamente affermato che “Abbiamo bisogno di un nuovo paradigma, di una
nuova visione della realtà” (38). Nel suo libro, Capra spiega perchè dobbiamo
necessariamente passare da una visione copernicana, cartesiana, newtoniana,
meccanicistica e riduzionistica a un visione olistica. Riusciremo a fare questo
salto quantico? Dipende da noi umani.
7.
Conclusioni
La realtà agroecologica del Salento mostra chiaramente che la causa della
malattia degli olivi non è la Xylella, ma un insieme di criticità
ambientali, che i nostri politici non vogliono riconoscere, affrontare e
risolvere perché significherebbe passare da modelli agricoli industriali o ad
alto impatto ambientale a modelli agricoli a basso impatto ambientale, andando
contro le grosse corporazioni, le quali possono così continuare a prosperare
solo grazie a modelli industriali.
Il problema della malattia degli olivi in Puglia può essere risolto con un
approccio olistico. Le prime azioni da compiere sono il rispristino di buone
pratiche agronomiche, l’incentivazione di diverse forme di agricoltura
biologica, l’incremento della biodiversità, attraverso l’allevamento di diverse
varietà d’olivo, consociate ad altre piante arboree da frutto e piante erbacee,
preferibilmente leguminose, nonché l’avviamento di misure di disinquinamento,
azzerando l’uso di prodotti artificiali, come i fertilizzanti chimici e
pesticidi (insetticidi, fungicidi, acaricidi ed erbicidi, specialmente il
Roundup, contenente glifosato).
Dovrebbe essere incentivato anche l’uso delle acque reflue per l’irrigazione,
determinando così una riduzione dell’uso delle acque di falda, e l’uso dei
microrganismi effetti (EM), nonché di fertilizzanti disinquinanti, come Bio
Aksxter e Gold Manna, già usati con profitto da alcuni agricoltori in Puglia e
nel resto d’Italia. Si tratta di tecnologie poco note, anche perché molti
agricoltori le applicano, quasi di nascosto, in quanto temono pressioni da parte
di personaggi che direttamente o indirettamente sono interessati più a
conservare l’attuale paradigma che a cambiarlo.
In generale, i politici, servi di un sistema dominato dalle banche e basato
sulle falsità, non potranno mai cambiare l’attuale sistema. Il cambiamento in
una società è possibile solo quando la consapevolezza raggiunge la soglia
critica del cambiamento. Una soglia che evidentemente non abbiamo ancora
raggiunto. Una dimostrazione ce l’ha data, in questi giorni, il nostro
Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha ostacolato la formazione
di un governo, che, a suo dire, avrebbe ostacolato i mercati (le banche) e fatto
aumentare lo spread.
Per vincere la battaglia contro le istituzioni (destituzioni) che non intendono
proteggere l’ecosistema, perché antepongono l’economia competitiva (distruttiva)
delle grandi corporazioni ad un’economia collaborativa (biologica e
costruttiva), è necessario raggiungere la soglia critica del cambiamento. Un
traguardo possibile solo se si passa da una visione cartesiana e meccanicistica
a una olistica.
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