da IlPrimatoNazionale
Berna, 26 gen – Il discorso di George Soros al Forum economico mondiale di Davos è ormai diventato un evento imperdibile. Soprattutto per chi ama vedere sfilare facce di bronzo e lupi travestiti da agnellini. E infatti il noto speculatore ungherese non ha tradito le aspettative, regalandoci perle di pura ipocrisia. Sentite ad esempio come si è espresso su Facebook e Google, cioè i colossi della rete: «Si sono trasformati in monopoli sempre più potenti, ostacolano l’innovazione. (…) Sfruttano l’ambiente sociale ed è particolarmente nefasto perché influenzano il modo di pensare della gente. Qualcosa che nemmeno Orwell avrebbe potuto immaginare».
Il problema, per il finanziere, è che Facebook e Google «ingannano i loro utilizzatori manipolando la loro attenzione e conducendola verso i loro scopi». Insomma, un vero peccato di lesa maestà, poiché l’unico che può indirizzare gli eventi a forza di dollari e rivoluzioni colorate è solo lui: lo speculatore George Soros.
Il magnate ungherese naturalizzato statunitense, però, non si è limitato solo a un attacco contro i mostri sacri del web. In particolare, ha espresso il suo odio (ricambiato) per Vladimir Putin: «Dirige uno Stato mafioso e Trump vorrebbe fare lo stesso ma la costituzione non glielo consente». Eh già, perché Soros pensa anche «che l’amministrazione Trump sia un pericolo per il mondo. Ma la considero un fenomeno passeggero che sparirà nel 2020 o forse anche prima». Quel “forse prima” è interessante: non sarà che bolle qualcosa in pentola, Mr Soros? Ha forse in mente qualche attacco asimmetrico?
D’altra parte, parlando del duo Trump-Putin e del leader nordcoreano Kim Jong Un, Soros sfida il senso del ridicolo lanciando il suo accorato allarme: «Ma qui non è in gioco solo la sopravvivenza della società aperta, ma dell’intera civiltà». Addirittura? Beh, detto da uno che ha destabilizzato Stati sovrani di mezzo mondo e che finanzia incessantemente l’invasione immigratoria su suolo europeo, la cosa farebbe ridere, se non facesse piangere.
Giulio Prettenthaler
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