google_ad_client: "ca-pub-2245490397873430", Sine.ClaV.is: Che fare per contrastare il CETA? Intanto cominciamo a non acquistare più la pasta industriale!

lunedì 10 luglio 2017

Che fare per contrastare il CETA? Intanto cominciamo a non acquistare più la pasta industriale!


Questo primo segnale è importantissimo. In attesa di conoscere gli esiti delle analisi promosse da GranoSalus, niente più pasta industriale sulle nostre tavole. Se vogliamo mangiare pasta, facciamocela da noi, come si usava un tempo, acquistando farina di grano duro locale. Oppure acquistiamo la pasta da negozi artigianali che ci garantiscano che è prodotta con il grano duro locale  

Il CETA – il trattato commerciale tra Unione Europea e Canada – è stato approvato dal Parlamento Europeo. Non è chiaro quando diverrà operativo. Per quello che abbiamo letto, dovrà essere approvato da ogni Paese della UE. Difficile dire quello che succederà. Non è detto che tutti i Paesi europei si adeguino a questa porcata internazionale. Rispetto ai temi che affronta – e per i risvolti che questo trattato avrà sulla vita di ogni giorno di milioni di cittadini europei – ci si sarebbe aspettati una capillare campagna di informazione. Invece siamo molto informati sulla sindaca di Roma, Virginia Raggi, mentre sul CETA, la ‘Grande informazione’ ci ha raccontato poco o nulla.

Per fortuna che, ormai, ad informarci non ci sono solo le televisioni e i giornali cartacei. C’è anche la rete. Non ci sono molti strumenti politici per contrastare questo trattato commerciale internazionale. Ma c’è uno strumento che può tutelare la nostra salute: contrastare dal basso gli effetti perversi della globalizzazione dell’economia.

I Nuovi Vespri, ormai da mesi, informano i propri lettori sui pericoli legati al CETA (in calce trovate alcuni articoli sul CETA pubblicati in questi mesi). Ora, siccome la politica italiana non è in grado di contrastare chi sta provando a far arrivare sulle nostre tavole cibi avvelenati, dobbiamo provare a difenderci. Come? Cominciando a cambiare qualcosa nelle nostre abitudini alimentari.

Iniziamo dal grano duro e dai suoi derivati. Come i nostri lettori sanno, il Canada ha un grosso problema: deve ‘sbolognare’ sul mercato estero ogni anno circa 4 milioni di tonnellate di grano duro prodotto nelle aree fredde e umide, come vi abbiamo raccontato qui:

4 milioni di tonnellate di grano duro canadese ‘tossico’ pronto per essere esportato: indovinate dove…

Abbiamo raccontato più volte che questo grano duro finisce in Europa e, spesso, in Italia, trasportato da grandi navi (spesso ex petroliere). Questo grano duro canadese, che contiene glifosato e micotossine DON (in pratica, due veleni per il nostro organismo), viene mescolato con il grano duro prodotto nel Sud Italia.

Quindi il grano duro del Mezzogiorno d’Italia – che sotto il profilo della qualità è uno dei migliori del mondo – viene utilizzato per ‘tagliare’ il grano duro canadese e, in generale, estero che arriva in Italia.

Il ‘taglio’ con il grano duro del Sud Italia è necessario, perché il grano canadese ha un livello alto di inquinanti e non potrebbe essere utilizzato nel nostro Paese. Il discorso riguarda, principalmente, l’industria della pasta.

Negli ultimi anni, tra la popolazione, grazie all’informazione della rete, si è diffusa la consapevolezza che con il grano duro canadese ci stanno avvelenando, come potete leggere nel seguente articolo:


Il CETA serve anche a questo: ad imporre ai cittadini dell’Unione Europea – ormai sempre più ‘sudditi’ e sempre meno ‘cittadini’ – i grano duro canadese.

Detto questo, noi consumatori, però, ci possiamo difendere. Come? Semplice: non acquistando più, a partire da ora, pasta industriale.

Per la cronaca, GranoSalus – l’associazione che raccoglie produttori di grano duro del Sud Italia e cittadini comuni – ha già avviato i primi controlli sulla pasta prodotta dalle industrie. Tra qualche settimana avremo a disposizione i risultati di queste rima indagini. In attesa di conoscere cosa c’è nella pasta industriale il nostro consiglio, lo ribadiamo, è di non acquistare più pasta industriale.

Quindi, da ora, se volete mangiare la pasta, in attesa di conoscere i risultati delle analisi promosse da GranoSalus sui più noti marchi della pasta italiana, avete due possibilità:

acquistare la farina di grano duro locale (farina di grano duro siciliano se vivete in Sicilia, pugliese se vivete in Puglia e, in generale, farina prodotta con grano duro del Sud Italia) e fare la pasta in casa, come si usava un tempo;

rifornirvi di pasta artigianale che vi dia la garanzia che sia stata prodotta con il grano duro locale.

In altre parole, noi del Sud Italia abbiamo un grandissimo vantaggio: il nostro grano duro che, come già ricordato, sotto il profilo organolettico, è uno dei migliori del mondo. E allora usiamolo, questo nostro vantaggio.

Otterremo, subito, due risultati importanti.

  • Primo risultato: tutela della nostra salute.
  • Secondo risultato: aiuteremo i nostri agricoltori che producono grano duro.


Questo primo passaggio è importantissimo: così facendo lanciamo un messaggio preciso alla grande industria della pasta che utilizza il grano duro canadese e, in generale, estero.

Partendo da questo semplice accorgimento possiamo cominciare, piano piano, a mettere in discussione non soltanto il CETA, ma tutte le follie legate alla globalizzazione dell’economia.

Allora, cari lettori, la pasta industriale facciamogliela mangiare agli eurodeputati che hanno votato sì al CETA!



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