da stopeuro.news
«Le ultime leggi di bilancio hanno fatto perdere all’Italia una grande opportunità di mettere i conti in ordine».
Daniel Gros, economista tedesco direttore del Centre for european policy studies di Bruxelles, già consigliere della Commissione e del Parlamento europeo, non ha dubbi.
Se l’Italia si ritrova con un debito pubblico in aumento, che ha raggiunto il 133 per cento del Pil, e una crescita da prefisso telefonico, la colpa è di chi ha tenuto i cordoni della borsa.
Di Matteo Renzi, certo. Ma anche della Commissione Europea di Jean Claude Juncker, che a colpi di flessibilità ha rallentato l’aggiustamento dei conti pubblici.
Professor Gros, negli ultimi due anni l’Italia non è stata capace di ridurre l’indebitamento. Perché?
«La politica fiscale è stata dettate da considerazioni elettorali. Il governo ha buttato a mare la possibilità di mettere a posto il bilancio, preferendo distribuire mance a piene mani».
Alcuni governi europei ci rimproverano di aver utilizzato la flessibilità per finanziare i bonus e la spesa corrente anziché gli investimenti.
«Con decisioni diverse l’Italia avrebbe potuto guardare con più fiducia al futuro».
Servirebbe tornare, almeno in parte, all’austerity. Non si finirebbe dalla padella alla brace?
«Seguendo questo ragionamento, nessun Paese potrebbe ambire a finanze in salute. La Spagna e l’Irlanda, in situazioni peggiori dell’Italia, hanno seguito la strada del rigore e ora stanno meglio».
Keynes diceva che nel lungo periodo siamo tutti morti.
«Sì, ma prima o poi bisogna pagare le conseguenze di quanto si è fatto. Basta guardare i tassi di crescita. Il divario tra l’Italia e gli altri paesi è considerevole. Il Belgio, quando è entrato nell’unione monetaria, aveva un rapporto debito-Pil paragonabile a dell’Italia negli ultimi anni. Il governo belga ha rimesso a posto il bilancio, e anche quando l’economia procedeva bene, non si è lasciato andare a spese folli. Questa strategia, negli anni della crisi, ha pagato».
In che modo politiche di bilancio restrittive possono far ripartire l’economia?
«Liberando risorse da destinare al settore privato. Solo così il Paese può respirare. La rinascita dell’Italia passa dalle imprese. In assenza di investimenti si frena lo sviluppo».
La Commissione Ue ha concesso all’Italia 19 miliardi di euro di flessibilità e ora chiede un aggiustamento da 3,4 miliardi. Prima la carota e poi il bastone?
«Ormai la flessibilità è diventata un invito a non rispettare gli impegni presi. L’Italia fa sempre le cose a metà. Quando sembra imboccare una strada virtuosa, arriva la sterzata. È un atteggiamento controproducente, ed è una delle ragioni che spiegano come mai il debito continua a costare molto caro ai cittadini. Se non si procede in modo risoluto in direzione dell’aggiustamento di bilancio, gli interessi continueranno ad aumentare».
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