Era il 22 aprile 1967 quando la FIAT presentò agli automobilisti quella che sarebbe probabilmente passata alla storia come la più amata delle sue grandi berline: la 125. Un’auto di grande successo (solo 603mila gli esemplari prodotti direttamente dalla FIAT fra il 1967 e il 1972, a cui vanno aggiunti quelli realizzati dalle varie consociate all’estero, dall’Argentina alla Yugoslavia, dalla Polonia alla Colombia, dal Cile al Sudafrica fino alla lontanissima Nuova Zelanda), destinata a restare nel cuore di tutti coloro che la ebbero e la guidarono.
Ci si aspetterebbe che per un simile successo la FIAT si fosse presa molto tempo per la genesi della sua 125: e invece l’Ingegner Dante Giacosa, già padre della Topolino, della 600, della 500 e della 850, ci aveva messo solo diciotto mesi, ricorrendo alla famosa arte tutta italica dell’arrangiarsi. Alla FIAT, infatti, la pur recente 1500, nata soltanto nel 1961, dopo il debutto delle concorrenti Lancia Flavia e Alfa Romeo Giulia risultava già precocemente invecchiata, e bisognava pertanto pensare in tutta fretta ad una sua erede. Si stava lavorando per l’appunto ad un nuovo progetto, che si sarebbe sostanziato nella 132 del 1972, ma la sua elaborazione era ancora in alto mare, continuamente rimpallato fra dirigenza e ufficio tecnico (paradossalmente, malgrado una così lunga gestazione, la pur buona ed onesta 132 non riuscirà a bissare il successo, e nemmeno le prestazioni della 125). E così fu dato il via al progetto 125, che doveva dar vita ad una grossa berlina “di transizione”, così tanto per “tirare a campare” in attesa della 132.
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