di Fulvio Grimaldi - Mondocane
Festival di fake news. E di risate omeriche, non fosse per l’esercito di intruppati che ogni fake news se la bevono con il gusto dell’apericena. E se ne sentono confortati nel loro imbecille convincimento di stare dalla parte dei buoni e giusti, cosa che gli caccia nell’angolo più remoto del cervello la sgradevole sensazione, incorporata nell’ultima cellula cerebrale non contaminata, che, forse forse, i buoni e giusti sono una spaventosa manica di mascalzoni.
Auschwitz a Damasco. E le tappe per arrivarci.
Per la prima bufala e, per imperizia, disinvoltura, carattere circense, probabilmente quella destinata a maggiore diffusione e successo, il “forno crematorio di Assad” scoperto dal Dipartimento di Stato, c’è stata l’oculata preparazione della dependance di quel Ministero, Amnesty International, con il liscia e busso al presidente Siriano dell’indimenticabile impiccagione, dal 2014 al 2016, di un numero tra 3000 e 13mila detenuti, nella prigione di Saydnaya, fuori Damasco. C’è voluta tutta la buona disposizione al servaggio decerebrato del “milieu” che sostiene il nostro regime-gangster, come tutta l’improntitudine dei giornaloni e delle televisionone Usa, redatti a distanza da Tel Aviv, nell’approfittare del coma non vigile del pubblico americano, per accreditare una bambocciata di tale carenza di professionalità. Infatti, un po’ per quell’onirico vagolare tra una cifra minima e una massima di strozzati da Assad, un po’ per le solite fonti abborracciate dell’organo umanitario facilitatore delle guerre imperiali, fonti perlopiù esterne, tutte anonime e del tipo “sentito dire – passa parola”, il rapporto bomba di questi militanti delle cause Regeni-Del Grande, ebbe lo scoppio limitato e la risonanza breve di un petardo.
L’ex-capa kazara di Amnesty e di HRW
Un precedente preludio, tanto più schifoso quanto più grottesco, programmato per arrivare poi al forno crematorio, con il suo valore aggiunto dell’odore di carne bruciata da olocausto hitlerista, erano state le foto dell’anonimo Cesar, presunto fotografo di regime, cui il regime, evidentemente consapevole del proprio tornaconto, aveva consentito di fotografare migliaia di sue vittime torturate e mutilate e poi di portarsi via le foto per distribuirle a matrimoni e comunioni nei paesi civili. Nonostante i tentativi di molti scemi del villaggio mediatico di rianimare questa carogna di notizia, l’operazione fallì quando parecchi siriani riconobbero tra le foto i volti dei loro cari, soldati caduti in battaglia e regolarmente sepolti sotto i loro occhi.
Nessun commento:
Posta un commento